PEVERO FOR LADIES

È una mattinata splendida. La natura si è svegliata colorando il paesaggio di mille sfumature di blu. I cinguettii sembrano rincorrersi sul pentagramma del silenzio di un traffico ancora dormiente.
Io mi preparo per la Pevero for ladies. Ricordate?
Un anno fa ho mosso i primi passi nel mondo del golf e dopo mille zolle lanciate al vento e qualche colpo magistrale studiato in tv, eccomi qui, pronta ed attrezzata per la sfida.
Qualcuno avrebbe sperato che, passato un anno dal giorno in cui ho impugnato il pat per la prima volta, vi avrei potuto raccontare della mia partecipazione alla competizione, ma la verità non sempre cammina a braccetto con i sogni.
Ma all’esame pratico dei miei progressi, il buon Marco, direttore magnanimo del Pevero, ha dovuto limitare il mio ruolo d’atleta alla figura del caddy.
Nonostante ciò, ho in serbo una storia altrettanto piacevole e soprattutto con lieto fine. La storia di donne speciali che ho potuto rincontrare anche quest’anno in quella splendida cornice che è il Pevero.
Mentre seguo il percorso del gruppo al quale sono assegnata, resto affascinata nel vedere come ognuna di loro si approcci alla gara, ricercando il momento migliore, la concentrazione ideale per danzare in uno splendido swing trasformandolo in energia pura. La forza nell’eleganza, come novelli Achille, come se non ci fosse fatica nella potenza che il corpo imprime al movimento. Il volo della pallina sembra riesca a portare con se l’eleganza di queste donne e la precisione dei loro intenti; a me che guardo rimane la sensazione di spiccare il volo verso un’armonia che questo preciso momento si fonde con quello che mi circonda.
Il golf è questo e molto di più ancora.
Durante gli spostamenti con il car (a proposito, ne voglio subito uno per giocare nel mio giardino), Silvia mi racconta che non esiste un età giusta per iniziare, che è una strada che puoi incrociare in qualsiasi momento della tua vita, ma se inizi a percorrerla, allora difficilmente sarà un amore non corrisposto.
Silvia non mi aveva ancora visto al campo pratica.
Cerco di capire da lei come si possa sprigionare tanta potenza con quell’armonia, le spadello la mia metafora su Achille e il golf e lei ride.
“Vedrai, la perseveranza renderà tutto più semplice” dice, ma io rimango comunque della mia idea, che se questa è l’Iliade, io non sono stata invitata dal destino.
Arriviamo alla buca 15. Qui si assiste ad un capolavoro di architettura paesaggistica. Il tee di partenza spicca su un panorama circostante mozzafiato. Per la cronaca girarono anche un film di 007 con questo scenario e per celebrare il ricordo c’è una piccola targa all’inizio del percorso. 
Vorrei provare un colpo, vorrei quell’eleganza, quella forza, ma purtroppo la mia passione omerica mi riporta immediatamente dentro la storia. E divento io il tallone di Achille.
Soprappensiero chiamo Silvia senza rendermi conto che stava per colpire la pallina. Il sussulto le fa perdere il karma di quell’attimo prezioso e la parabola che ne deriva è un arco bizzarro, assolutamente fuori registro. Guardo la pallina finire fuori dal percorso e realizzo che ho appena perso un’amica. 
Ma lei sorride, mi prende a braccetto e mi dice con un eleganza che è pari solo alla sua mise: 
“Ora abbiamo pochi minuti per trovarla, non perdiamoci d’animo”
Io provo a scusarmi, ma lei mi rassicura. Forse il tallone l’ho solo sfiorato.
Vedo finalmente la pallina e corro verso Silvia per trascinarla con me. Devo ancora tarare i mie moti di entusiasmo con l’ambiente inquadrato del golf, perché il resto del gruppo mi guarda e ride. Quando ci avviciniamo alla pallina, notiamo entrambe una tartaruga incastrata nella rete di delimitazione. Non si capisce come ci sia finita, ma è chiaro che non riuscirà più a venire a capo dall’incastro al quale sembra essersi condannata.
Ci sono dei tempi tecnici per avanzare nel golf e Silvia decide di rinunciare alla buca.
Mi sento in colpa, ma lei ancora di più mi dimostra che in questo sport ci sono valori che vanno oltre un punteggio.
“Ma scherzi? È grazie a te se abbiamo salvato Bernie”
La guardo perplessa e lei ride.
“Sì, l’ho inventato adesso. Sono abituata a dare subito un nome agli animali che incontro”
Liberiamo Bernie dall’incastro e ricuciamo la rete.
Montiamo sul car e torniamo alla base con Bernie che ora è affianco a noi con una ciotola di insalata e acqua a volontà.
Il pomeriggio vola via così e alla premiazione Silvia riceve il premio fair play, inventato e consegnato fuori dai riflettori da Marco per premiare la sua missione di soccorso. Lo divide con me e son felice per questo paradosso del destino.
Ancora una volta sento che nella vita l’amore e il rispetto per la natura sono valori che dovrebbe essere in cima alla scala delle priorità di ognuno di noi.
Ma soprattutto stasera so già che favola romanzare per mettere a letto i miei bambini.
Il mio personale paradosso.
Achille, Rita e la tartaruga.

Pevero Club